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Lo stipendio deve recuperare quanto i lavoratori perdono con gli aumenti dei prezzi, i rapporti tra organizzazioni imprenditoriali e sindacati devono recuperare un accettabile livello di apertura, la politica industriale deve uscire dalla passività. Per tutto questo la categoria dei metalmeccanici sciopera, giovedì, per otto ore in tutta Italia. Il punto della vertenza sul quale si concentrano i riflettori è quello delle retribuzioni del nuovo contratto. Ma da parte del sindacato c'è anche attenzione ai problemi delle imprese. Quindi la protesta vuole anche essere uno stimolo al Governo, perché prenda alcuni provvedimenti che, se non altro, attenuino il rialzo dei costi che le aziende hanno dovuto sostenere. A cominciare da sezioni mai toccate, come quella degli studi professionali. E' questa la proposta a tutto campo che Giorgio Caprioli, segretario generale della Fim Cisl, spiega alla nostra testata.
Caprioli, la trattativa per il rinnovo contrattuale è ferma su posizioni antitetiche. La disponibilità di Federmeccanica non arriva che a metà dell'aumento salariale chiesto dalla vostra piattaforma. Il 4 ottobre è previsto un nuovo incontro; si prospetta qualche avvicinamento?
A istinto, direi che è difficile. L'atmosfera di questa trattativa è stata di chiusura fin dall'inizio. Non è mai successo che in 9 mesi di confronto Federmeccanica non avesse fatto nemmeno un passettino verso le nostre posizioni. Questo è il segnale, al di là delle parole, del rifiuto ad entrare in una logica negoziale. Eppure sul salario, che è la prima questione della lista ma non è l'unica, il margine in realtà ci sarebbe. L'aumento proposto da loro, di 60 euro, utilizza un indicatore di inflazione anomalo. In genere, per questo contratto, si prende a riferimento l'aumento che ha colpito le famiglie operaie del settore industriale senza tabacchi. Fino a qualche anno fa questo indice era più o meno analogo a quello generale, oggi, con i rialzi forti dei tabacchi, è molto diverso. La cifra quindi non è nemmeno lontanamente corrispondente al recupero dell'inflazione. E' un tecnicismo, ma dà un segnale preciso sulla volontà di rendere il negoziato duro, se non impraticabile.
E se il 4 ottobre la proposta sul salario dovesse mantenersi su questi livelli?
Ci sarebbero tutti i motivi per rompere la trattativa.
Prima accennava ad altre questioni aperte. Ma la trattativa non riguarda solo il biennio economico, quindi solo questioni salariali?
No, è una trattativa anomala. Affrontiamo il bienno economico, ma affrontiamo anche questioni normative, per due motivi. Il primo è quello della regolamentazione contrattuale, il secondo è quello delle novità apportate dall'applicazione della riforma sul lavoro. Tramite molti confronti siamo arrivati, Fim Fiom e Uilm, a una proposta unitaria su part time, apprendistato e contratti atipici. Ancora aperta è la questione della flessibilità dell'orario, ma da parte del sindacato, e parlo includendo la Fiom, non c'è indisponibilità ad entrare nel merito. Insomma, su tutti questi aspetti il sindacato ha fatto un grosso sforzo (considerando che il contratto precedente è stato firmato senza la Fiom, ndr). Siamo disponibili ad accordi su materie di grosso interesse per le aziende. Ma loro sono fermi.
Invece vi aspettate analoghi segnali di disponibilità.
Certo. Oltretutto stiamo lavorando anche sulla riforma dell'inquadramento, siamo prossimi ad una posizione unitaria e quando lo saremo chiederemo un terzo tavolo di confronto. Ma senza un movimento positivo sul versante salariale sappiamo che non ce ne saranno nemmeno su quelli normativi. Il 29 scioperiamo anche per questo.
Anche?
Scioperiamo per il contratto e scioperiamo perché Federmeccanica assuma un atteggiamento più aperto, ma intendiamo anche richiamare l'attenzione sul settore industriale. Nonostante le sollecitazioni che facciamo da anni non c'è nulla di nuovo, anzi, va anche peggio. Non c'è niente che si possa definire un disegno di politica industriale. La crisi è strutturale, c'è necessità di una precisa politica industriale e di una precisa politica economica ma il Governo non riesce a produrle. C'è anzi una incapacità a prendere decisioni politiche proprio sui temi più urgenti per il Paese, e questo è significativo.
Insomma, Caprioli, lei sta dicendo che se Federmeccanica è troppo rigida nei rapporti e offre un aumento salariale inaccattabile, è anche vero che quando gli industriali, oggi, dicono di trovarsi in difficoltà non hanno tutti i torti.
Sì, è questo, non si tratta del solito pianto greco tipico della fase contrattuale. Siamo in crisi generale e in questa crisi il nostro settore paga un prezzo particolarmente pesante. In una stagnazione economica come questa c'è un travaso di ricchezza dai settori esposti al mercato a quelli protetti. L'azienda metalmeccanica è esposta al mercato, non può alzare i prezzi dei prodotti perché altrove sono più bassi. Invece le società di consulenza, gli studi professionali, non sono in competizione con la Cina. Alzano quanto vogliono i prezzi delle loro prestazioni, e queste prestazioni servono alle aziende. Così per le aziende aumentano i costi ma non si sa dove scaricare questi aumenti.
Questo dunque toglie margini al settore industriale; ai nuovi investimenti produttivi quanto agli investimenti in risorse umane.
Certo. E questo, se si guarda solo al profitto, spiega anche perché alcuni imprenditori italiani invece di investire nell'industria hanno fatto altro. Pensiamo alla Fiat, a Benetton, a Tronchetti Provera. In questo modo il nostro sistema si è seduto, perché altrove c'erano guadagni più facili; ma così si depotenziano le capacità di sviluppo dle sistema. Questo, ovviamente, finisce per pesare in negativo sul piano contrattuale.
Come chiedete di intervenire?
Nel nostro settore la contrattazione lascia minori margini di manovra per appoggi esterni. Mi spiego con un esempio. Se è possibile chiudere un contratto nel settore trasporti ritoccando il prezzo della benzina questo per i metalmeccanici o per i tessili, esposti peggio di noi alla concorrenza internazionale, non si può fare. L'unica strada, allora, è ad ampio raggio: è una politica di sostegno al sistema industriale, che darebbe da una parte nuovi impulsi al settore e, dall'altra, maggiori margini e quindi possibilità di politiche salariali più coraggiose.
Altrimenti?
Altrimenti si rischia che il mondo del lavoro si divida pericolosamente in due: da una parte quelli che comunque, per un motivo o per l'altro, hanno un certo margine di trattabilità, un certo ptoere, e se la cavano. Dall'altra, quelli che staranno sempre peggio.
Daniela De Sanctis
27 settembre 2005
Caprioli, la trattativa per il rinnovo contrattuale è ferma su posizioni antitetiche. La disponibilità di Federmeccanica non arriva che a metà dell'aumento salariale chiesto dalla vostra piattaforma. Il 4 ottobre è previsto un nuovo incontro; si prospetta qualche avvicinamento?
A istinto, direi che è difficile. L'atmosfera di questa trattativa è stata di chiusura fin dall'inizio. Non è mai successo che in 9 mesi di confronto Federmeccanica non avesse fatto nemmeno un passettino verso le nostre posizioni. Questo è il segnale, al di là delle parole, del rifiuto ad entrare in una logica negoziale. Eppure sul salario, che è la prima questione della lista ma non è l'unica, il margine in realtà ci sarebbe. L'aumento proposto da loro, di 60 euro, utilizza un indicatore di inflazione anomalo. In genere, per questo contratto, si prende a riferimento l'aumento che ha colpito le famiglie operaie del settore industriale senza tabacchi. Fino a qualche anno fa questo indice era più o meno analogo a quello generale, oggi, con i rialzi forti dei tabacchi, è molto diverso. La cifra quindi non è nemmeno lontanamente corrispondente al recupero dell'inflazione. E' un tecnicismo, ma dà un segnale preciso sulla volontà di rendere il negoziato duro, se non impraticabile.
E se il 4 ottobre la proposta sul salario dovesse mantenersi su questi livelli?
Ci sarebbero tutti i motivi per rompere la trattativa.
Prima accennava ad altre questioni aperte. Ma la trattativa non riguarda solo il biennio economico, quindi solo questioni salariali?
No, è una trattativa anomala. Affrontiamo il bienno economico, ma affrontiamo anche questioni normative, per due motivi. Il primo è quello della regolamentazione contrattuale, il secondo è quello delle novità apportate dall'applicazione della riforma sul lavoro. Tramite molti confronti siamo arrivati, Fim Fiom e Uilm, a una proposta unitaria su part time, apprendistato e contratti atipici. Ancora aperta è la questione della flessibilità dell'orario, ma da parte del sindacato, e parlo includendo la Fiom, non c'è indisponibilità ad entrare nel merito. Insomma, su tutti questi aspetti il sindacato ha fatto un grosso sforzo (considerando che il contratto precedente è stato firmato senza la Fiom, ndr). Siamo disponibili ad accordi su materie di grosso interesse per le aziende. Ma loro sono fermi.
Invece vi aspettate analoghi segnali di disponibilità.
Certo. Oltretutto stiamo lavorando anche sulla riforma dell'inquadramento, siamo prossimi ad una posizione unitaria e quando lo saremo chiederemo un terzo tavolo di confronto. Ma senza un movimento positivo sul versante salariale sappiamo che non ce ne saranno nemmeno su quelli normativi. Il 29 scioperiamo anche per questo.
Anche?
Scioperiamo per il contratto e scioperiamo perché Federmeccanica assuma un atteggiamento più aperto, ma intendiamo anche richiamare l'attenzione sul settore industriale. Nonostante le sollecitazioni che facciamo da anni non c'è nulla di nuovo, anzi, va anche peggio. Non c'è niente che si possa definire un disegno di politica industriale. La crisi è strutturale, c'è necessità di una precisa politica industriale e di una precisa politica economica ma il Governo non riesce a produrle. C'è anzi una incapacità a prendere decisioni politiche proprio sui temi più urgenti per il Paese, e questo è significativo.
Insomma, Caprioli, lei sta dicendo che se Federmeccanica è troppo rigida nei rapporti e offre un aumento salariale inaccattabile, è anche vero che quando gli industriali, oggi, dicono di trovarsi in difficoltà non hanno tutti i torti.
Sì, è questo, non si tratta del solito pianto greco tipico della fase contrattuale. Siamo in crisi generale e in questa crisi il nostro settore paga un prezzo particolarmente pesante. In una stagnazione economica come questa c'è un travaso di ricchezza dai settori esposti al mercato a quelli protetti. L'azienda metalmeccanica è esposta al mercato, non può alzare i prezzi dei prodotti perché altrove sono più bassi. Invece le società di consulenza, gli studi professionali, non sono in competizione con la Cina. Alzano quanto vogliono i prezzi delle loro prestazioni, e queste prestazioni servono alle aziende. Così per le aziende aumentano i costi ma non si sa dove scaricare questi aumenti.
Questo dunque toglie margini al settore industriale; ai nuovi investimenti produttivi quanto agli investimenti in risorse umane.
Certo. E questo, se si guarda solo al profitto, spiega anche perché alcuni imprenditori italiani invece di investire nell'industria hanno fatto altro. Pensiamo alla Fiat, a Benetton, a Tronchetti Provera. In questo modo il nostro sistema si è seduto, perché altrove c'erano guadagni più facili; ma così si depotenziano le capacità di sviluppo dle sistema. Questo, ovviamente, finisce per pesare in negativo sul piano contrattuale.
Come chiedete di intervenire?
Nel nostro settore la contrattazione lascia minori margini di manovra per appoggi esterni. Mi spiego con un esempio. Se è possibile chiudere un contratto nel settore trasporti ritoccando il prezzo della benzina questo per i metalmeccanici o per i tessili, esposti peggio di noi alla concorrenza internazionale, non si può fare. L'unica strada, allora, è ad ampio raggio: è una politica di sostegno al sistema industriale, che darebbe da una parte nuovi impulsi al settore e, dall'altra, maggiori margini e quindi possibilità di politiche salariali più coraggiose.
Altrimenti?
Altrimenti si rischia che il mondo del lavoro si divida pericolosamente in due: da una parte quelli che comunque, per un motivo o per l'altro, hanno un certo margine di trattabilità, un certo ptoere, e se la cavano. Dall'altra, quelli che staranno sempre peggio.
Daniela De Sanctis
27 settembre 2005
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