Convegno CGIL - 31 ottobre 2006: Una efficace politica industriale per favorire lo sviluppo
In occasione del congresso in oggetto, la FIOM - Bari contribuisce con la relazione riportata di seguito.
Inoltre discutono:
- Giovanni NICASTRI: Segretario della Camera del Lavoro Metropolitana e Provinciale di Bari
- Sen. Filippo BUBBICO: sottosegretario di Stato Ministero dello Sviluppo Economico
- Prof. Michele CAPRIATI: docente di Economia all'Università di Bari
- Ing. Nicola DE BARTOLOMEO: Presidente dell'Assindustria di Bari
- Dott. Sandro FRISULLO: vice Presidente e Assessore allo sviluppo Economico della Regione Puglia
- Domenico PANTALEO: SegretarioGenerale della CGIL Puglia
La situazione dell'industria metalmeccanica barese:
In un contesto di ripresa dell'economia mondiale, la crescita dell'Italia, rispetto al periodo 2000-2005, stenta ad assumere una sua connotazione, registrando, peraltro, una divaricazione fra Centro Nord e Mezzogiorno a discapito di questa parte del paese.
La dinamica della produzione industriale, soprattutto in comparti fondamentali per la nostra economia quali l'auto e le macchine industriali, accenna ad una ripresa, ma non si può ancora affermare di essere di fronte a una tendenza.
Per il periodo 2005-2006 l'incremento occupazionale richiede una specifica indagine per settori merceologici. Le rilevazioni Istat, infatti, riferite al primo semestre 2006, vanno lette con attenzione. Calcolata la tara dell'incremento dei cittadini stranieri registrati in anagrafe, dei lavoratori espulsi per crisi aziendali e licenziamenti collettivi, delle donne disoccupate che rinunciano, in particolare nel Mezzogiorno, a ricercare lavoro, della riduzione del ricorso a tipologie contrattuali precarie (è una novità rispetto al periodo 1998-2004), potremmo scoprire un mancato incremento occupazionale.
D'altronde, le tendenze occupazionali della provincia di Bari dove, nel periodo 2004-2005, ci sono state decine di procedure di mobilità, licenziamenti collettivi e utilizzate circa 2 milioni di ore di cassa integrazione guadagni nell'industria metalmeccanica, risultano
confermate.
La stagnazione della produttività è determinata, fra le diverse cause, dalla scarsa capacità di innovazione tecnologica.
In R & S, infatti, come nel campo delle tecnologie telematiche, l'impegno da parte delle imprese, è ancora timido, soprattutto nel Mezzogiorno.
Il piccolo dimensionamento delle imprese italiane, rimane anch'esso un ostacolo in termini di competitività.
Sono rari gli accordi per l'innovazione che coinvolgano la PMI e mancano reti che colleghino il mondo della ricerca con le imprese interessate, in tutte le varie fasi: dall'identificazione del bisogno di innovazione alla sua trasformazione in progettazione, sino alla realizzazione del prodotto.
Di fronte alla rapidità dei mutamenti tecnologici, al contenuto stesso delle tecnologie, all' irrinviabile necessità di fare sistema e instaurare collaborazioni in termini di partnership fra imprese stesse, le imprese locali continuano ad essere ferme sotto ogni aspetto.
Nella nostra provincia, sono rari se non praticamente assenti i gruppi d'imprese. Si assiste a scorpori, piuttosto che a fusioni e/o raggruppamenti e ciò è fattore di ostacolo per la competitività.
Gli andamenti dell'export dell'industria barese confermano due dati: il baricentro dell'economia mondiale si va stabilizzando verso i mercati dell'Europa Centro-Orientale e dell'Estremo Oriente, Russia, Cina e India; siamo lontani dall' individuare il bacino dei paesi del Mediterraneo come opportunità per le regioni del Mezzogiorno.
La via bassa alla competizione perpetrata da Confindustria, nonostante sia risultata soccombente, depurata dalla retorica dell'innovazione declamata dal Presidente Montezemolo, è quella che rimane sul campo.
La possibile ripresa rischia, peraltro, di essere drogata dalle misure di sostegno alle imprese contenute nella Legge finanziaria. Cuneo fiscale e incentivi vari maschereranno il deficit d'innovazione dell'industria italiana, cos'i come ai tempi della lira, la svalutazione della moneta funzionava come motore per la ripresa.
Come può, in questo quadro, l'industria metalmeccanica, tornare a ricoprire il ruolo di protagonista nell'economia e riposizionarsi in termini competitivi guardando e investendo in settori quali l'aerospaziale, l'auto, la sua componentistica, la meccatronica, le nanotecnologie?!
Il sistema industriale della provincia di Bari, in un quadro di complessiva difficoltà e sofferenza, determinate dal contesto internazionale, è da tempo posto di fronte alla necessità di dover compiere delle scelte irrinviabili.
Il quadro d'insieme permane con le sue antiche e nuove crisi, come quelle che nell'arco di un triennio hanno trasformato il comparto informatico in un pulviscolo di micro-imprese, contemporaneamente all'insediamento e reinsediamento di medie e grandi imprese nazionali e multinazionali che hanno riposizionato il nostro territorio sui mercati e organizzano le loro attività produttive su scala internazionale.
La meccanica, la componentistica auto, la meccatronica barese, prevalentemente a capitale straniero e comunque a guida non locale, costituiscono un segmento le cui potenzialità, in un'ottica di sistema che stenta ad affermarsi, potrebbero delineare il ruolo di uno dei motori dello sviluppo del territorio.
Assumendo a riferimento soltanto le principali aziende - Bosch, Getrag, Graziano Trasmissioni, la stessa Magneti Marelli Powertrain - indichiamo Società che hanno beneficiato o stanno per beneficiare degli strumenti della programmazione negoziata che hanno attratto nuovi insediamenti e fatto crescere, in forme stabili e strutturate, i livelli occupazionali nelle aree industriali della provincia di Bari, che complessivamente conta 25mila addetti.
Le nuove difficoltà, rispetto al 2005, vedono confermate le "delocalizzazioni" di importanti linee di prodotto della Graziano Trasmissioni (oltre 500 addetti) con rischio di esuberi, l'addensarsi d'incognite per OM Pimespo (oltre 400 addetti), l'avvio della privatizzazione di Fincantieri Isotta Fraschini (oltre 180 addetti e un indotto di gran lunga maggiore) che sta già causando il ricorso alla cigo e che richiede l'attenzione e l'impegno delle istituzioni locali, sinora assenti.
Un'attenzione specifica va rivolta al settore high teck e dell'informatica.
Tante piccole aziende, assieme a quelle che sono stati gli insediamenti storici come Getronics, EDS, Olivetti, IBM drasticamente ridimensionati, operano nei servizi. Fatta qualche eccezione, è diffuso il basso livello tecnologico, con rari casi di R&S e la stragrande maggioranza delle risorse umane sono data-entry per conto della PA, ministeri, ASL.
Occorre individuare, quindi, settori a più alto contenuto tecnologico, guardando sia alle più antiche realtà - area Bari-Modugno-Bitritto - sia fuori dalle tradizionali aree industriali e ricercare gli insediamenti locali nati recentemente nelle nuove aree industriali come quella di Molfetta (Abaco ad es., il più grande insediamento ICT del nostro territorio, con ambito nazionale pronto a spiccare il volo sui mercati internazionali), valorizzarne il patrimonio scientifico e infrastrutturale, tecnologico e di risorse umane per ricollocarlo nei processi di e-government della pubblica amministrazione e delle stesse imprese, ponendoli in un possibile distretto informatico e ICT.
Attendiamo, quindi, di conoscere gli effetti del Disegno Strategico Regionale che alla Ricerca e all'Innovazione hanno dedicato attenzione.
Il settore delle Tlc e degli appalti telefonici rischia di subire definitivamente le conseguenze dell'oligopolio che si va affermando nel mercato della telefonia fissa e mobile.
I processi che sfuggono ad ogni possibile controllo, le nuove procedure di licenziamenti collettivi avviate, la spinta al lavoro nero e irregolare a cui spingono gestori e Telecom con il ricorso al subappalto, pongono l'esigenza di avviare la vertenza appalti TLC che assuma alcuni
obiettivi: un tavolo con Governo, Regioni, Telecom e gestori su costruzioni di rete a banda larga e appalti.
La Bosch Tecnologie Diesel e Sistemi Frenanti, che conta ormai 2.500 dipendenti, non vedrà destinarsi la nuova tecnologia diesel sviluppata inizialmente nel Centro Ricerche di Bari ed ora a Feuerbach in Germania, la cui produzione sarebbe dovuta partire nel 2009 come garanzia del futuro produttivo dello stabilimento di Bari, che invece si focalizzerà sugli attuali prodotti della Divisione Diesel per i prossimi tre anni e della Divisione Freni le cui linee di prodotto invertono, in volumi produttivi, la rotta negativa dell'ultimo biennio.
La multinazionale tedesca ha richiesto di accedere a un contratto di localizzazione, rispetto al quale, al di là dei ruoli istituzionali, intendiamo, insieme alla Confederazione, porre a un tavolo negoziale con il MAP, la Regione, l'azienda stessa, il tema di come questa azienda si orienta in direzione di innovazioni di prodotto, a fronte dei competitors che si affacciano sui mercati nazionali e internazionali.
La Getrag, secondo gruppo tedesco presente nella nostra area industriale con 750 addetti, da un anno in cassa integrazione ordinaria, avvierà la produzione di una nuova generazione di cambio per auto dal 2010 ed ha in corso la negoziazione del secondo contratto di programma
E' doveroso concedersi il beneficio dell'inventario, considerate le profonde trasformazioni organizzative che la fabbrica e le maestranze stanno vivendo il cui segno non è definito, insieme agli esiti incerti del nuovo portafoglio ordini, dell'identificazione delle nuove committenze e delle ricadute in termini di volumi e, quindi, occupazionali, nonché della gestione della fase transitoria 2006-2009.
La Magneti Marelli Powertrain, con i circa 600 addetti che confermano la sua crescita occupazionale, ha recentemente visto l'approvazione del contratto di programma e con la diversificazione dei prodotti (cambio, iniezione, nuovo Multijet, rappresenta un combinato di fattori che ne possono fare un "centro d'eccellenza".
Gravitano, intorno a queste multinazionali, aziende locali e/o con insediamenti presenti in loco (Brovedani, MASMEC, MerMec ecc.) che possono assumere le caratteristiche di una rete che possa delineare un vero e proprio indotto, che li faccia crescere rispetto all'attuale nanismo e ne solleciti l'innovazione tecnologica.
Questa lettura d'insieme intende individuare le vocazioni esistenti nel territorio, assecondarle e indirizzarle verso un percorso d'innovazione e compiere, ora che il Governo regionale ha compiuto le proprie scelte di politica industriale, azioni stringenti per definire il Distretto industriale della Meccatronica qui a Bari, per farne un sistema integrato che offra opportunità competitive anche alle piccole aziende, ne faccia crescere l'innovazione in collaborazione con le strutture di ricerca, dal CNR al Politecnico, ad altri soggetti..
A questa sollecitazione, alla necessità di individuare la mappa delle imprese che al Distretto dovranno far riferimento, nonché la filiera produttiva medesima, le imprese locali e multinazionali permangono in una sorta di autoreferenzialità anziché collocarsi in un'ottica di sistema produttivo, anche per poter rispondere alla domanda di cosa produrre e su quali innovazioni di prodotto ricollocarsi.
Si ripropongono qui alcune questioni di fondo.
Se il nostro territorio si caratterizza per la presenza di alcune multinazionali con alti livelli occupazionali e, di contro, un altissimo numero di piccole e piccolissime imprese a basso numero di addetti e con produzioni a basso valore aggiunto, quale rapporto è possibile costruire fra la grande e la piccola industria?
Ragionare in termini di sistema e, quindi, di distretto industriale significa poter rispondere a questa domanda.
E' da qui che passa la diffusione di un vero e radicato indotto che, ad oggi, non c'è intorno alle grandi aziende.
L'innovazione di prodotto e di processo è sempre stata fatta nella grande industria, per poi essere trasferita alla PMI.
Mettere in sinergia queste realtà, innescherebbe tre ordini di fattori:
a) far ripartire l'innovazione tecnologica delle imprese locali;
b) riorganizzazione delle medesime attraverso fusioni e/o collaborazioni, uscendo dalnanismo che le contraddistingue;
c) collocare la rete di imprese di subfornitura in un possibile processo di decentramento delle attività dalla grande alla piccola azienda con le relative ricadute in termini di commesse.
La meccanica e la componentistica auto vivono, quindi, una ridefinizione della propria mission, i cui esiti sono tutt'altro che scontati.
Le proposte di lavoro
1° Gli strumenti di programmazione territoriale e le politiche industriali regionali richiedono, di fronte alla latitanza delle imprese, uno specifico tavolo negoziale che coinvolga la categoria e le imprese medesime.
La presenza di importanti multinazionali insediate nel territorio barese, pongono ormai l'esigenza di individuare forme negoziali, sia sindacali che istituzionali, che coinvolgano direttamente le case madri. I managements che le rappresentano in loco non sono depositarie di alcun mandato rispetto alle scelte strategiche.
2° Nell'utilizzo degli strumenti della programmazione territoriale, sia nella fase di completamento della programmazione in corso che in quella nuova 2007/2013, riteniamo che le risorse rivenienti dai fondi strutturali debbano essere orientati prevalentemente in direzione dei progetti innovativi e non verso le singole imprese, quale strategia per sollecitare le imprese stesse a fare sistema e a consorziarsi, guardando allo sviluppo e alla crescita occupazionale stabile.
4° L'ARTI, l'Agenzia regionale per le Tecnologie e l'Innovazione, riteniamo debba avere un ruolo nel mettere a sistema azioni sinergiche per lo sviluppo del territorio e coordinare i soggetti deputati a tale compito (le imprese, i centri di ricerca, il Politecnico).
5° L'utilizzo degli strumenti della formazione - di base, continua, alta formazione - quali fattori dell'innovazione e della competitività. Occorre passare dall'utilizzo improprio come fossero ammortizzatori, a veri e propri piani formativi in una fase di transizione delle imprese e di focalizzazione delle missioni produttive.
La Fiom Cgil di Bari, nei prossimi mesi, porrà questi temi in una specifica piattaforma sulla quale chiamare a discutere pubblicamente tutto il corpo dell'organizzazione, la RSU e in cui coinvolgere le istituzioni, le imprese e le associazioni datoriali, in un momento in cui le scelte delle imprese diventano stringenti per il futuro dello sviluppo del territorio barese.
Inoltre discutono:
- Giovanni NICASTRI: Segretario della Camera del Lavoro Metropolitana e Provinciale di Bari
- Sen. Filippo BUBBICO: sottosegretario di Stato Ministero dello Sviluppo Economico
- Prof. Michele CAPRIATI: docente di Economia all'Università di Bari
- Ing. Nicola DE BARTOLOMEO: Presidente dell'Assindustria di Bari
- Dott. Sandro FRISULLO: vice Presidente e Assessore allo sviluppo Economico della Regione Puglia
- Domenico PANTALEO: SegretarioGenerale della CGIL Puglia
La situazione dell'industria metalmeccanica barese:
In un contesto di ripresa dell'economia mondiale, la crescita dell'Italia, rispetto al periodo 2000-2005, stenta ad assumere una sua connotazione, registrando, peraltro, una divaricazione fra Centro Nord e Mezzogiorno a discapito di questa parte del paese.
La dinamica della produzione industriale, soprattutto in comparti fondamentali per la nostra economia quali l'auto e le macchine industriali, accenna ad una ripresa, ma non si può ancora affermare di essere di fronte a una tendenza.
Per il periodo 2005-2006 l'incremento occupazionale richiede una specifica indagine per settori merceologici. Le rilevazioni Istat, infatti, riferite al primo semestre 2006, vanno lette con attenzione. Calcolata la tara dell'incremento dei cittadini stranieri registrati in anagrafe, dei lavoratori espulsi per crisi aziendali e licenziamenti collettivi, delle donne disoccupate che rinunciano, in particolare nel Mezzogiorno, a ricercare lavoro, della riduzione del ricorso a tipologie contrattuali precarie (è una novità rispetto al periodo 1998-2004), potremmo scoprire un mancato incremento occupazionale.
D'altronde, le tendenze occupazionali della provincia di Bari dove, nel periodo 2004-2005, ci sono state decine di procedure di mobilità, licenziamenti collettivi e utilizzate circa 2 milioni di ore di cassa integrazione guadagni nell'industria metalmeccanica, risultano
confermate.
La stagnazione della produttività è determinata, fra le diverse cause, dalla scarsa capacità di innovazione tecnologica.
In R & S, infatti, come nel campo delle tecnologie telematiche, l'impegno da parte delle imprese, è ancora timido, soprattutto nel Mezzogiorno.
Il piccolo dimensionamento delle imprese italiane, rimane anch'esso un ostacolo in termini di competitività.
Sono rari gli accordi per l'innovazione che coinvolgano la PMI e mancano reti che colleghino il mondo della ricerca con le imprese interessate, in tutte le varie fasi: dall'identificazione del bisogno di innovazione alla sua trasformazione in progettazione, sino alla realizzazione del prodotto.
Di fronte alla rapidità dei mutamenti tecnologici, al contenuto stesso delle tecnologie, all' irrinviabile necessità di fare sistema e instaurare collaborazioni in termini di partnership fra imprese stesse, le imprese locali continuano ad essere ferme sotto ogni aspetto.
Nella nostra provincia, sono rari se non praticamente assenti i gruppi d'imprese. Si assiste a scorpori, piuttosto che a fusioni e/o raggruppamenti e ciò è fattore di ostacolo per la competitività.
Gli andamenti dell'export dell'industria barese confermano due dati: il baricentro dell'economia mondiale si va stabilizzando verso i mercati dell'Europa Centro-Orientale e dell'Estremo Oriente, Russia, Cina e India; siamo lontani dall' individuare il bacino dei paesi del Mediterraneo come opportunità per le regioni del Mezzogiorno.
La via bassa alla competizione perpetrata da Confindustria, nonostante sia risultata soccombente, depurata dalla retorica dell'innovazione declamata dal Presidente Montezemolo, è quella che rimane sul campo.
La possibile ripresa rischia, peraltro, di essere drogata dalle misure di sostegno alle imprese contenute nella Legge finanziaria. Cuneo fiscale e incentivi vari maschereranno il deficit d'innovazione dell'industria italiana, cos'i come ai tempi della lira, la svalutazione della moneta funzionava come motore per la ripresa.
Come può, in questo quadro, l'industria metalmeccanica, tornare a ricoprire il ruolo di protagonista nell'economia e riposizionarsi in termini competitivi guardando e investendo in settori quali l'aerospaziale, l'auto, la sua componentistica, la meccatronica, le nanotecnologie?!
Il sistema industriale della provincia di Bari, in un quadro di complessiva difficoltà e sofferenza, determinate dal contesto internazionale, è da tempo posto di fronte alla necessità di dover compiere delle scelte irrinviabili.
Il quadro d'insieme permane con le sue antiche e nuove crisi, come quelle che nell'arco di un triennio hanno trasformato il comparto informatico in un pulviscolo di micro-imprese, contemporaneamente all'insediamento e reinsediamento di medie e grandi imprese nazionali e multinazionali che hanno riposizionato il nostro territorio sui mercati e organizzano le loro attività produttive su scala internazionale.
La meccanica, la componentistica auto, la meccatronica barese, prevalentemente a capitale straniero e comunque a guida non locale, costituiscono un segmento le cui potenzialità, in un'ottica di sistema che stenta ad affermarsi, potrebbero delineare il ruolo di uno dei motori dello sviluppo del territorio.
Assumendo a riferimento soltanto le principali aziende - Bosch, Getrag, Graziano Trasmissioni, la stessa Magneti Marelli Powertrain - indichiamo Società che hanno beneficiato o stanno per beneficiare degli strumenti della programmazione negoziata che hanno attratto nuovi insediamenti e fatto crescere, in forme stabili e strutturate, i livelli occupazionali nelle aree industriali della provincia di Bari, che complessivamente conta 25mila addetti.
Le nuove difficoltà, rispetto al 2005, vedono confermate le "delocalizzazioni" di importanti linee di prodotto della Graziano Trasmissioni (oltre 500 addetti) con rischio di esuberi, l'addensarsi d'incognite per OM Pimespo (oltre 400 addetti), l'avvio della privatizzazione di Fincantieri Isotta Fraschini (oltre 180 addetti e un indotto di gran lunga maggiore) che sta già causando il ricorso alla cigo e che richiede l'attenzione e l'impegno delle istituzioni locali, sinora assenti.
Un'attenzione specifica va rivolta al settore high teck e dell'informatica.
Tante piccole aziende, assieme a quelle che sono stati gli insediamenti storici come Getronics, EDS, Olivetti, IBM drasticamente ridimensionati, operano nei servizi. Fatta qualche eccezione, è diffuso il basso livello tecnologico, con rari casi di R&S e la stragrande maggioranza delle risorse umane sono data-entry per conto della PA, ministeri, ASL.
Occorre individuare, quindi, settori a più alto contenuto tecnologico, guardando sia alle più antiche realtà - area Bari-Modugno-Bitritto - sia fuori dalle tradizionali aree industriali e ricercare gli insediamenti locali nati recentemente nelle nuove aree industriali come quella di Molfetta (Abaco ad es., il più grande insediamento ICT del nostro territorio, con ambito nazionale pronto a spiccare il volo sui mercati internazionali), valorizzarne il patrimonio scientifico e infrastrutturale, tecnologico e di risorse umane per ricollocarlo nei processi di e-government della pubblica amministrazione e delle stesse imprese, ponendoli in un possibile distretto informatico e ICT.
Attendiamo, quindi, di conoscere gli effetti del Disegno Strategico Regionale che alla Ricerca e all'Innovazione hanno dedicato attenzione.
Il settore delle Tlc e degli appalti telefonici rischia di subire definitivamente le conseguenze dell'oligopolio che si va affermando nel mercato della telefonia fissa e mobile.
I processi che sfuggono ad ogni possibile controllo, le nuove procedure di licenziamenti collettivi avviate, la spinta al lavoro nero e irregolare a cui spingono gestori e Telecom con il ricorso al subappalto, pongono l'esigenza di avviare la vertenza appalti TLC che assuma alcuni
obiettivi: un tavolo con Governo, Regioni, Telecom e gestori su costruzioni di rete a banda larga e appalti.
La Bosch Tecnologie Diesel e Sistemi Frenanti, che conta ormai 2.500 dipendenti, non vedrà destinarsi la nuova tecnologia diesel sviluppata inizialmente nel Centro Ricerche di Bari ed ora a Feuerbach in Germania, la cui produzione sarebbe dovuta partire nel 2009 come garanzia del futuro produttivo dello stabilimento di Bari, che invece si focalizzerà sugli attuali prodotti della Divisione Diesel per i prossimi tre anni e della Divisione Freni le cui linee di prodotto invertono, in volumi produttivi, la rotta negativa dell'ultimo biennio.
La multinazionale tedesca ha richiesto di accedere a un contratto di localizzazione, rispetto al quale, al di là dei ruoli istituzionali, intendiamo, insieme alla Confederazione, porre a un tavolo negoziale con il MAP, la Regione, l'azienda stessa, il tema di come questa azienda si orienta in direzione di innovazioni di prodotto, a fronte dei competitors che si affacciano sui mercati nazionali e internazionali.
La Getrag, secondo gruppo tedesco presente nella nostra area industriale con 750 addetti, da un anno in cassa integrazione ordinaria, avvierà la produzione di una nuova generazione di cambio per auto dal 2010 ed ha in corso la negoziazione del secondo contratto di programma
E' doveroso concedersi il beneficio dell'inventario, considerate le profonde trasformazioni organizzative che la fabbrica e le maestranze stanno vivendo il cui segno non è definito, insieme agli esiti incerti del nuovo portafoglio ordini, dell'identificazione delle nuove committenze e delle ricadute in termini di volumi e, quindi, occupazionali, nonché della gestione della fase transitoria 2006-2009.
La Magneti Marelli Powertrain, con i circa 600 addetti che confermano la sua crescita occupazionale, ha recentemente visto l'approvazione del contratto di programma e con la diversificazione dei prodotti (cambio, iniezione, nuovo Multijet, rappresenta un combinato di fattori che ne possono fare un "centro d'eccellenza".
Gravitano, intorno a queste multinazionali, aziende locali e/o con insediamenti presenti in loco (Brovedani, MASMEC, MerMec ecc.) che possono assumere le caratteristiche di una rete che possa delineare un vero e proprio indotto, che li faccia crescere rispetto all'attuale nanismo e ne solleciti l'innovazione tecnologica.
Questa lettura d'insieme intende individuare le vocazioni esistenti nel territorio, assecondarle e indirizzarle verso un percorso d'innovazione e compiere, ora che il Governo regionale ha compiuto le proprie scelte di politica industriale, azioni stringenti per definire il Distretto industriale della Meccatronica qui a Bari, per farne un sistema integrato che offra opportunità competitive anche alle piccole aziende, ne faccia crescere l'innovazione in collaborazione con le strutture di ricerca, dal CNR al Politecnico, ad altri soggetti..
A questa sollecitazione, alla necessità di individuare la mappa delle imprese che al Distretto dovranno far riferimento, nonché la filiera produttiva medesima, le imprese locali e multinazionali permangono in una sorta di autoreferenzialità anziché collocarsi in un'ottica di sistema produttivo, anche per poter rispondere alla domanda di cosa produrre e su quali innovazioni di prodotto ricollocarsi.
Si ripropongono qui alcune questioni di fondo.
Se il nostro territorio si caratterizza per la presenza di alcune multinazionali con alti livelli occupazionali e, di contro, un altissimo numero di piccole e piccolissime imprese a basso numero di addetti e con produzioni a basso valore aggiunto, quale rapporto è possibile costruire fra la grande e la piccola industria?
Ragionare in termini di sistema e, quindi, di distretto industriale significa poter rispondere a questa domanda.
E' da qui che passa la diffusione di un vero e radicato indotto che, ad oggi, non c'è intorno alle grandi aziende.
L'innovazione di prodotto e di processo è sempre stata fatta nella grande industria, per poi essere trasferita alla PMI.
Mettere in sinergia queste realtà, innescherebbe tre ordini di fattori:
a) far ripartire l'innovazione tecnologica delle imprese locali;
b) riorganizzazione delle medesime attraverso fusioni e/o collaborazioni, uscendo dalnanismo che le contraddistingue;
c) collocare la rete di imprese di subfornitura in un possibile processo di decentramento delle attività dalla grande alla piccola azienda con le relative ricadute in termini di commesse.
La meccanica e la componentistica auto vivono, quindi, una ridefinizione della propria mission, i cui esiti sono tutt'altro che scontati.
Le proposte di lavoro
1° Gli strumenti di programmazione territoriale e le politiche industriali regionali richiedono, di fronte alla latitanza delle imprese, uno specifico tavolo negoziale che coinvolga la categoria e le imprese medesime.
La presenza di importanti multinazionali insediate nel territorio barese, pongono ormai l'esigenza di individuare forme negoziali, sia sindacali che istituzionali, che coinvolgano direttamente le case madri. I managements che le rappresentano in loco non sono depositarie di alcun mandato rispetto alle scelte strategiche.
2° Nell'utilizzo degli strumenti della programmazione territoriale, sia nella fase di completamento della programmazione in corso che in quella nuova 2007/2013, riteniamo che le risorse rivenienti dai fondi strutturali debbano essere orientati prevalentemente in direzione dei progetti innovativi e non verso le singole imprese, quale strategia per sollecitare le imprese stesse a fare sistema e a consorziarsi, guardando allo sviluppo e alla crescita occupazionale stabile.
4° L'ARTI, l'Agenzia regionale per le Tecnologie e l'Innovazione, riteniamo debba avere un ruolo nel mettere a sistema azioni sinergiche per lo sviluppo del territorio e coordinare i soggetti deputati a tale compito (le imprese, i centri di ricerca, il Politecnico).
5° L'utilizzo degli strumenti della formazione - di base, continua, alta formazione - quali fattori dell'innovazione e della competitività. Occorre passare dall'utilizzo improprio come fossero ammortizzatori, a veri e propri piani formativi in una fase di transizione delle imprese e di focalizzazione delle missioni produttive.
La Fiom Cgil di Bari, nei prossimi mesi, porrà questi temi in una specifica piattaforma sulla quale chiamare a discutere pubblicamente tutto il corpo dell'organizzazione, la RSU e in cui coinvolgere le istituzioni, le imprese e le associazioni datoriali, in un momento in cui le scelte delle imprese diventano stringenti per il futuro dello sviluppo del territorio barese.
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